Scrivere. Tutti sanno scrivere.
Il processo di alfabetizzazione inizia in prima elementare.
Ma affermare un vero punto di vista sul mondo può necessitare una vita intera.
Come distinguere una visione personale dagli stereotipi interiorizzati inconsciamente?
Come distinguere i propri sentimenti dal modo di pensare comune?
Come e in che modo si può osare a criticare un film?
E quali criteri utilizzare? Soggettivi? Oggettivi?
Nella speranza di non scrivere più criticotte didattiche in cui ci si limita a raccontare la trama del film, la bravura degli attori o i bei colori utilizzati nelle scene... abbiamo pensato d’invitare alla 27° edizione di Castellinaria, Festival internazionale del cinema giovane, una figura di riferimento della critica cinematografica svizzera: Christian Jungen.
Il noto caporedattore della sezione cinema della NZZ di Zurigo, nonché presidente dell’Associazione svizzera dei critici cinematografici e fondatore della rivista cinematografica “Frame”, animerà la terza edizione del «Atelier di critica», organizzato annualmente in collaborazione con la Tribune des Jeunes Cinéphiles, gestita da Christian Georges per il progetto educativo di www.e-media.ch
Christian Jungen crede fortemente che il punto di vista di un critico non dovrebbe mai essere inquinato dal pensiero della maggioranza. Un grande riconoscimento internazionale non è un motivo per impaurire un critico impedendogli di esprimere il suo punto di vista su un film, anche se questo si situa completamente all’opposto della larga approvazione critica da parte dell’élite intellettuale. Il caso Haneke accusato di misantropia dai Cahiers du cinéma in seguito alla seconda vittoria della Palma d’oro con Amour è un esempio eloquente.
L’aspetto che m’interessa maggiormente nelle critiche di Christian Jungen è l’utilizzo della metafora. In una recensione il giornalista della NZZ ha paragonato un film ad una partita di
calcio, tessendo dei legami metaforici tra, ad esempio, un attaccante e il modo di recitare di un attore, o la durata di una partita e la struttura drammaturgica. Nei suoi testi la libertà
è all’ordine del giorno e non ci si avvicina mai a un modo prestabilito di scrivere o di pensare.
Diverse sono le questioni che abborderemo durante l’atelier e in particolare vorremmo capire quando e in che modo lo stile verbale della critica deve corrispondere al linguaggio cinematografico utilizzato nel film descritto? Ad esempio, per scrivere bene di un film ricco di lunghissimi piani sequenza non bisognerebbe scrivere utilizzando uno stile proustiano in cui la punteggiatura è rara? Oppure parlando di un personaggio complesso o di un regista egocentrico non si potrebbe scrivere solo un lunghissimo susseguirsi di aggettivi? Se esistono dei film sperimentali, perché non esistono delle critiche sperimentali?
Ma non invitiamo Christian Jungen per rispondere solo alle domande che titillano la curiosità personale, ma anche e soprattutto per permettere ai giovani di conoscere nuovi modi di scrivere e, conoscendoli, affinare il loro punto di vista sul cinema e sul mondo.
I giovani hanno l’occasione d’intrattenersi con Christian Jungen di persona e dopo aver visto un film d’attualità possono leggere la sua critica. L’esercizio consiste nel paragonare il suo testo ad altre critiche dello stesso film per mettere in valore o a dura critica i vari lati positivi o negativi di ogni testo.
I protagonisti dell’atelier discutono infine con il nostro giornalista zurighese, amante del calcio e della lingua di Dante, sottoponendogli le loro analisi critiche e ricevono delle risposte riguardo il suo stile e le sue scelte.
Ma per capire le sue scelte, ci è sembrato importante iscriverle nel contesto nel quale lavora e capire quali modalità di scrittura sono dettate dalla testata giornalistica, dalla rivista specializzata o ancora, ad esempio, dai social network come Facebook o Twitter che impongono un numero limitato di parole.
La giornata termina con una riflessione sui supporti transmediatici che permettono al giorno d’oggi di scrivere delle critiche. Con Christian Jungen, Christian Georges e Filippo Demarchi parleremo della differenza sostanziale tra la critica cinematografica e il linguaggio utilizzato dai distributori durante la promozione di un film, in particolare su Internet. Mostrando parecchi esempi e senza cadere in manicheismi eccessivi, si cerca di riflettere sulla situazione della critica cinematografica oggigiorno, presso i giovani e i critici più avveduti.
Perché, parafrasando Jean-Luc Godard, se «écrire c’est déjà faire du cinéma», saper associare le parole giuste ai sentimenti vissuti, è l’inizio di una consapevolezza propria dell’età adulta.
E Castellinaria, scuola di vita e scuola di cinema, serve pure a questo.